Istituto Di Ricerca e Formazione – Giorgio Magnano MD – Vittorio Magnano DDS, MSc, BSc

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Riabilitazione su 6 impianti protesicamente guidata: approccio flapless full-digital. Realtà o finzione?

Con i primi follow-up a medio-lungo termine possiamo dire che la chirurgia computer-guidata sta sostituendo sempre più “la mano” del chirurgo. Non solo, mentre fino a 10 anni fa questo approccio era destinato a un gruppo elittario di chirurghi con esperienza, adesso la precisione dopo una giusta progettazione è tale da minimizzare o annullare gli errori.

Vediamo questo caso clinico con impianti Fixo, Oxy implant e un follow-up superiore ai 2 anni.

Roberta ha 55 anni e viene in studio a marzo 2020 riferendo di esser caduta e che a causa di questa caduta le muova un dente. In realtà a un’analisi anamnestica, comunicativa e diagnostica più attenta il problema è ben più serio. Bastano una occhiata alla ortopantomografia e una sonda parodontale per capire che i denti dell’arcata superiore sono irrecuperabili, tutti con mobilità, resti radicolari e perdita di osso orizzontale e verticale. La diagnosi è una, i piani di trattamento possibili molti.

Roberta riferisce di aver deciso di voler sistemare con i “denti fissi” la situazione. Le si propone uno studio del caso in seguito a foto del visto e della bocca prima e dopo trattamento parodontale non chirurgico a cui segue un piano di trattamento: estrazioni seriate nell’arcata superiore e inserimento flapless di 6 impianti monofasici in chirurgia computer-guidata e carico immediato. Durata del trattamento previsto? Una mattinata, ma in cuor nostro già sappiamo che ci vorranno al massimo 3 ore.

Iniziamo con la delicata fase di progettazione fatta rigorosamente in team (odontoiatra chirurgo, odontotecnici, softwaristi, aziende di stampa 3D). Scansioni ottiche intraorali e registrazione dell’occlusione abituale asintomatica e non patologica della paziente, fotografie e tc cone beam a bocca aperta sono sufficienti a darci tutte le informazioni per poter vedere direttamente Roberta il giorno dell’intervento, dopo aver trattato parodontalmente con l’igienista tutti i denti, anche quelli da estrarre.

L’obiettivo per il giorno dell’unico intervento è sempre il medesimo: raggiungere uno status di infiammazione controllata e bassi indici di placca e di sanguinamento.

Questo è il risultato della nostra progettazione per Roberta: riabilitazione su 6 impianti post-estrattivi a carico immediato posizionati in sede 1.2, 1.4, 1.6, 2.2, 2.4, 2.6.

Scegliamo di utilizzare non solo un approccio flapless full-digital ma anche impianti “one-piece” (Fixo, Oxy Implant) con MUA integrato per velocizzare la procedura e per una serie di vantaggi protesici e biologici a medio-lungo termine che non elenchiamo al momento.

Le sezioni della tc con l’impianto virtualmente inserito parlano chiaro: siamo in osso nativo anche nei siti post-estrattivi con un ancoraggio carico dell’osso apicale ma anche vestibolare e palatale. La linea del sorriso è alta a causa del riassorbimento osseo e preferibilmente inseriremo gengiva rosa nel provvisorio in composito-titanio per contrastare fin dall’inizio possibili inestetismi gengivali e assenza di papille.

Il giorno dell’intervento i modelli 3D portano i temporary abutment avvitati in posizione protesicamente corretta e la protesi in composito-titanio.

In totale vengono stampate a partire dal progetto virtuale due dime chirurgiche. La prima dima è ad appoggio dento-alveolare e serve come punto di referenza per la posizione dei pin che andranno a fissare la dima per l’inserimento degli impianti. Posizionando la prima dima si verificano la precisione, la stabilità e l’assenza di basculamento e si fanno i fori nelle boccole vestibolari con le frese per i pin, a 1200 giri, senso orario e abbondante irrigazione.

Una volta fissata con i pin la prima dima la possiamo rimuovere e non utilizzarla più e avrà assolto il suo compito. Procediamo con le estrazioni.

Il momento delle estrazioni è, come in tutti i siti che vogliamo diventino post-estrattivi, codificato da una sequenza sempre uguale: fibrotomia con lama del bisturi (unico momento in cui utilizzeremo il bisturi in tutto l’intervento), sindesmotomia con scollaperiostio piccolo e affilato, lussazione con leva prima piccola poi più grande, estrazione con pinze con ancoraggio apicale alla linea amelo-cementizia. Gli alveoli vengono trattati o con concentrati piastrinici o con spugnette di fibrina o collagene.

A questo punto interviene la seconda dima ad appoggio mucoso.

La dima viene fissata alla corticale vestibolare (e di caso in caso anche palatale) utilizzando i fori di repere creati grazie alla prima fondamentale dima dento-alveolare. In questo caso abbiamo progettato gli impianti con MUA integrati di 17 e 30 gradi. Ma come metterli nella giusta posizione? Già dalla vista occlusale è possibile verificare le boccole con le referenze per l’inserimento in un unico movimento rotazionale degli impianti.

Fixo, impianto monolitico

L’impianto arriva con un mounter integrato che porta il “pezzo unico” MUA-impianto. Questo mounter ha in sé un punto di repere che combacia perfettamente con quello della boccola sulla dima rendendo impossibile, seppure richieda molta attenzione, l’errore del posizionamento dell’impianto. Una volta inseriti gli impianti seguendo un protocollo di sottopreparazione differenziale dei siti implantari (che non è il caso di spiegare in questa dissertazione), rimuoviamo i mounter svitando le viti che sono alloggiate fra il punto di repere sul mounter e il punto di repere sulla boccola.

La fase chirurgica è terminata. Rimuoviamo anche la seconda dima e suturiamo laddove sia necessario, solitamente solo alcuni punti sulle papille residue degli alveoli ma non sempre.

Andiamo sul modello 3D e svitiamo i temporary abutment, pretagliati e messi in ordine sequenziale per ogni analogo e quindi per ogni impianto.

Con composito liquido si fissa la protesi preformata agli abutment, si smonta, si rifinisce il tutto con dedizione (almeno mezz’ora) e si avvita la protesi rifinita a 25 Ncm, chiudendo i fori con teflon e composito fluido.

Il controllo occlusale richiede anch’esso il tempo necessario e segue delle linee guida che possiamo riassumere così:

Per le protesi full-arch si raccomanda un’occlusione bilaterale bilanciata nel caso di antagonista protesico e funzione di gruppo con una lieve guida anteriore nel caso di antagonista con denti naturali, senza differenza fra superiore e inferiore. Nella protesi a carico immediato i contatti bilaterali saranno simultanei e puntiformi su tutti i denti, mentre nella definitiva i contatti saranno sfioranti sugli incisivi. In lateralità si avranno tragitti lineari nella funzione di gruppo o una guida canina, ma è preferibile una guida canina. In protrusiva si avranno tragitti lineari a carico degli incisivi e nel carico immediato anche a carico dei canini. Evitare i contatti bilancianti nel carico immediato e ricercare uno o più contatti bilancianti nei movimenti escursivi della protesi definitiva. È importante minimizzare al massimo i cantilever e lasciarli sotto-occlusi sulla protesi a carico immediato, e comunque lasciare sotto-occluso il cantilever sull’ultimo dente della protesi definitiva.

Con la ortopantomografia post-operatoria abbiamo una idea della perfetta sovrapposizione fra progetto digitale e risultato biomeccanico.

 La tc cone beam a 3 anni ci fa vedere come i livelli ossei siano coerenti intorno agli impianti, grazie anche allo stretto piano di mantenimento e igieni perimplantari trimestrali, requisito essenziale per poter garantire (con garanzia scritta) il lavoro ai pazienti per 10 anni.

full arch

Il full-arch nel paziente edentulo nell’era digitale: carico veramente immediato, senza lembo e chirurgia per tutti (VIDEO)

di Vittorio Magnano

L’era dei “grandi chirurghi” è terminata. La mininvasività e la digitalizzazione avanzano inesorabilmente e “la mano” si fa sempre più da parte per lasciare posto alle “macchine”. Questo vale in tutti i campi della cultura umana e anche nella nostra piccola odontoiatria, almeno per i casi semplici, ovvero i casi nei quali il paziente ha osso nativo nel quale inserire impianti.

In effetti, nel caso in cui sia necessario rigenerare osso perduto o per infezioni o per precedenti fallimenti implantari “la mano” ha ancora la sua grande importanza ma ringrazia la tecnologia per il prezioso aiuto dato tramite griglie in titanio personalizzate, previsualizzazione dei cc precisi di osso autologo e eterologo da innestare, dime chirurgiche per le corrette antrostomie o per osteotomie e ostectomie per l’accesso ai siti donatori di osso autologo.

Quindi, inserendosi in osso nativo, gli impianti di una All-on-4 o più genericamente di una protesi Toronto avvitata su X impianti sono impianti semplici e semplici devono rimanere. Pertanto, se disponiamo (e tutti gli odontoiatri ne dispongono) di una tecnica che:

  1. Riduca il numero di appuntamenti,
  2. Riduca gli atti chirurgici,
  3. Riduca l’utilizzo di anestetici,
  4. Riduca l’ausilio di terapie farmacologiche,
  5. Assicuri la standardizzazione dell’unico atto chirurgico,
  6. Assicuri il corretto posizionamento implantare nell’osso nativo,
  7. Riduca lo stress per l’odontoiatra,
  8. Riduca al minimo la possibilità di incorrere in ampi lembi di accesso,
  9. Massimizzi la percentuale di chirurgie senza lembo,
  10. Elimini il tempo (e lo stress) di avvitamento dei Multi Unit Abutment,
  11. Utilizzi impianti con MUA integrato,
  12. Riduca il rischio di microinfiltrazioni e di microgap nelle connessioni protesi-impianto,
  13. Garantisca la consegna della protesi a fine chirurgia e non 6-8-12-24-48 ore dopo,

LA DOBBIAMO ESEGUIRE!

Di decine di Toronto su pazienti edentuli consegnate nel 2020 e 2021 negli studi Dental One mai c’è stata l’ombra di fantasmi del passato come lembi spettacolari, dime analogiche di Malò, MUA da avvitare, impronte in gesso e carichi “immediati” a 24 ore.

Quali sono gli step OGGIGIORNO per l’odontoiatra quando il paziente totalmente edentulo necessita di un full-arch su impianti (togliendo prima visita, studio del caso, piano di cura e preventivo)?

  1. Modifica con punti di repere in materiale radiopaco e adeguamento della protesi totale del paziente ai fattori di stabilità, supporto e retenzione e occlusione nella posizione muscolo-scheletricamente stabile (o vecchia “relazione centrica”) o confezionamento di una dima radiologica che abbia i suddetti requisiti.
  2. Progettazione digitale fatta in team con odontotecnico e ingegnere informatico
  3. Atto chirurgico flapless e consegna della protesi progettata digitalmente PRIMA della chirurgia
  4. Meticoloso controllo occlusale

Se in tutto ciò vogliamo aggiungere un lavoro in sala chirurgica in team con almeno due assistenti sterili e una non sterile, la ansiolisi endovenosa NON eseguita dall’anestesista ma dal sedazionista chirurgo, la chirurgia durerà un’ora e il paziente non prenderà nemmeno un antinfiammatorio (anche se noi glielo avremo prescritto).

Se invece vorrete continuare a lavorare come si lavorava nel 2001 con lembi, ematomi, anestesisti (che utilizzano magari farmaci non permessi in uno studio odontoiatrico), impronte in gesso o in Impregum e consegna a 24 ore della protesi (se il tecnico ce la fa..), non vi è alcuna legge che vi vieta di farlo ma sicuramente non siete al passo con i tempi e non fate il bene del paziente ma della vostra inerzia cognitiva.

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Centro di Ricerca e Formazione in Dolore Orofacciale e Perioimplantologia.

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